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Bartolomeo Bianco

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Rubens, palazzo Durazzo-Pallavicini, facciata

Bartolomeo Bianco (Coldrerio, 1590Genova, 1657) è stato un architetto italiano, principale interprete del barocco genovese in architettura.

Nativo di Coldrerio si trasferì molto giovane a Genova per seguire il padre, Cipriano Bianco[1], impegnato nel capoluogo ligure in alcuni lavori per il locale convento dei Padri Agostiniani di Carbonara nella zona di Castelletto[2]. La sua formazione professionale si sviluppò soprattutto a Genova richiamando nei suoi progetti stili tipicamente di scuola lombarda - ad esempio per le decorazioni o per le facciate esterne delle chiese - in un percorso artistico che gli storici equiparano a suoi colleghi conterranei quali Domenico Fontana e Martino Longhi il vecchio. Nel capoluogo è considerato uno dei principali sviluppatori e creatori del barocco e dei palazzi seicenteschi genovesi.

L'attività a Genova

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Sarà soprattutto nell'allora capitale della repubblica omonima che l'opera del Bianco si svilupperà maggiormente e si farà conoscere dalle più importanti personalità genovesi dell'epoca. Tra questi vi fu la nobile famiglia Balbi che gli commissionò una notevole opera artistica e progettuale: l'apertura di una nuova strada, l'odierna Via Balbi - migliorando così la viabilità tra il porto genovese e l'ex porta occidentale di San Tommaso. Dalla nuova opera viaria, a partire dal 1618, si darà vita in seguito ad un nobile quartiere residenziale con la costruzione di sette palazzi - di proprietà dei Balbi - un collegio dei Gesuiti e una chiesa intitolata ai santi Vittore e Carlo, di cui ne darà immediata testimonianza Rubens nei suoi Palazzi di Genova[3].

Sempre per la famiglia genovese - nella persona di Giovanni Agostino Balbi - realizzerà nel 1618 il progetto del palazzo Durazzo-Pallavicini, cui un particolare effetto scenografico è conferito dalle due grandi ali ai margini della facciata, quest'ultimo rivisto strutturalmente nel 1780 da Emanuele Andrea Tagliafichi, e tra il 1616 e il 1620 il palazzo Balbi-Senarega dove creò un doppio piano nobile per i fratelli committenti Giacomo e Pantaleo Balbi. Assieme al figlio Piero Antonio Maria, morto giovane, diverrà tra il 1620 e il 1625 architetto camerale.

Nel 1626 è nominato coordinatore e capo d'opera dell'impresa progettuale delle Mura Nuove di Genova, opera conclusa nel 1633, sotto la direzione di Ansaldo De Mari e Vincenzo Maculano. Tre anni dopo, nel 1629, dopo l'apertura dell'odierna via Balbi collabora al progetto della nuova chiesa dei Santi Vittore e Carlo per i Carmelitani Scalzi fino al 1631 quando, per motivi sconosciuti, abbandona l'opera che sarà ugualmente completata e ligia al primario progetto di Bartolomeo Bianco.

Nel 1634, dopo gli accordi presi tra Stefano Balbi e i Padri Gesuiti nel 1630, iniziano i lavori per l'edificazione del nuovo Collegio dei Gesuiti di Genova, considerato il suo capolavoro. L'architetto s'ispirò, secondo gli storici, alla maestria di Giovanni Ponzello, autore del celebre palazzo Doria-Tursi (sede del municipio) in via Giuseppe Garibaldi detta "Strada Nuova". Nonostante la riproposizione appaia simile al palazzo del Ponzello, l'effetto scenografico risulta diverso a causa dell'orografia dell'area particolarmente ripida. L'utilizzo, con effetti maestosamente scenografici, di logge e scalinate, che contribuiscono ad amplificare gli spazi e a conferire grandiosità agli ambienti, è testimonianza dell'adesione dell'architetto agli stilemi del barocco maturo[4]. Il collegio dei Gesuiti diverrà in seguito sede della facoltà di giurisprudenza dell'Università degli Studi di Genova.

Altre sue opere genovesi sono porta Pila, palazzo Cattaneo della Volta in piazza Cattaneo e palazzo Casareto De Mari in piazza Campetto.


L'attività a Chiavari

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Oltre alla maggiore opera svolta nel capoluogo genovese e in altri lavori sulle fortezze di Gavi (AL) e Savona, svolse un'importante operato nella cittadina costiera di Chiavari nel Tigullio. Nel 1623 collabora attivamente durante l'edificazione del santuario di Nostra Signora dell'Orto realizzando alcune parti strutturali quali il presbiterio e l'abside.

Palazzo Rocca a Chiavari realizzato nel 1629.

Tra il 1629 e il 1630 su commissione dei marchesi Costaguta, famiglia nobiliare chiavarese, progetta l'odierno palazzo Rocca che, divenuto proprietà nel 1912 del Comune di Chiavari, è sede attuale del Museo Archeologico per la Preistoria e la Protostoria del Tigullio e la Galleria Civica. La stessa famiglia nobiliare darà a Bartolomeo Bianco, nel 1630, la commissione per la riedificazione della chiesa di San Francesco d'Assisi, risalente al XIII secolo e oggi trasformata in auditorium.

Morì a Genova nel 1657. Il figlio, Giovanni Battista Bianco, fu modesto scultore, autore in particolare del gruppo bronzeo della Madonna circondata da angeli sull'altare maggiore della cattedrale di S. Lorenzo[5].

  1. ^ Bartolomeo Bianco in treccani.it/enciclopedia/
  2. ^ L. Profumo Müller, Bartolomeo Bianco architetto, Roma 1968
  3. ^ P. P. Rubens,Palazzi di Genova, Anversa 1622, figg. 7-9, 19-21
  4. ^ BIANCO, Bartolomeo di Giovanna Terminiello Rotondi - Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)
  5. ^ Delle vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi Di Raffaele Soprani, Carlo Giuseppe Ratti, p. 434

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