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Banca popolare

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Le banche popolari, nel diritto italiano, sono istituti di credito, di norma costituiti come società cooperative.

Le banche popolari, sorte in Germania a opera dell'economista e uomo politico Franz Hermann Schulze-Delitzsch (1808-1883), compaiono in Italia per opera dell'economista e politico Luigi Luzzatti che con la pubblicazione nel 1863 dell'opera La diffusione del credito e le banche popolari, spinse Tiziano Zalli a fondare l'anno seguente la Banca Popolare di Lodi e diede impulso all'inaugurazione e diffusione di molte altre banche popolari nei decenni successivi.

Caratteristiche statutarie

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Si distinguono dagli istituti di credito aventi natura giuridica di società per azioni per le seguenti peculiarità:

  • limite di possesso: ogni socio non può superare l'1% del capitale sociale;
  • mutualità, ancorché non prevalente: la maggioranza almeno relativa delle quote (o delle azioni se lo statuto prevede la suddivisione del proprio capitale sociale in azioni) è detenuta da clienti dell'istituto, il che vale a dire che una porzione consistente dei servizi viene offerta ai soci;
  • voto capitario;
  • clausola di gradimento.

Governance cooperativa, particolare attenzione ai soci e al territorio, impegno sociale. In questi elementi si esprime l'identità cooperativa e la mutualità non prevalente, che in quanto tale non comporta né ha mai comportato agevolazioni fiscali, da sempre connaturata alle banche popolari.

Sono attive nell'incentivare lo sviluppo del territorio e la crescita delle comunità di riferimento, le banche popolari adottano un modello di business incentrato sulla costruzione di rapporti stretti e duraturi con PMI e famiglie che ha favorito il continuo allargamento della propria base sociale, l'espansione delle attività e, conseguentemente, il rafforzamento costante dell'immagine della categoria.

I mutamenti avvenuti nell'ultimo decennio[quale? indicare date non equivocabili] all'interno del sistema bancario hanno influito profondamente anche sul contesto evolutivo delle banche popolari. Le realtà più grandi della categoria hanno acquisito il controllo di altre popolari e di banche locali esterne, dando luogo a gruppi bancari di rilievo nazionale.

Questo processo di crescita e innovazione non ha però intaccato le caratteristiche tipiche del modello tradizionale di banca popolare cooperativa: relazioni solide e durature con la clientela; forte propensione al sostegno delle PMI; grande attenzione ai bisogni di servizi finanziari delle famiglie; profondo impegno sociale per le comunità locali.

I primi mesi del 2015 hanno visto, con il D.L. 3/2015 convertito con la Legge 33/2015, il Parlamento impegnato nella riforma del comparto delle banche popolari. Le principali novità riguardano l'obbligo per le banche con attivi superiori agli 8 miliardi di € di trasformarsi in S.p.A. entro la fine del 2016 con l'abolizione del voto capitario, pena la revoca della licenza bancaria o la necessità di ridurre il patrimonio sotto gli 8 miliardi di €.

Come sottolinea il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, "i maggiori tra questi intermediari hanno da tempo superato l'ambito locale; come le grandi banche italiane essi si confrontano oggi con i cambiamenti imposti dall'integrazione economica e dalla tecnologia"[1]. In particolare, fino a questo momento "la forma cooperativa ha limitato il vaglio da parte degli investitori e ha ostacolato la capacità di accedere con tempestività al mercato dei capitali, in alcuni momenti cruciale per far fronte a shock esterni"[1]. La riforma permetterebbe a tali istituti di svolgere in modo più efficiente l'attività di intermediazione creditizia considerate le nuove condizione del mercato bancario reso assai più competitivo dall'Unione bancaria, il cui scopo è quello di armonizzare in tutta l'UE la regolamentazione dell'attività bancaria e la vigilanza su tali attività.

Le banche popolari contano oltre un milione di soci e più di undici milioni di clienti. Le dipendenze delle banche popolari rappresentano il 28,3% degli di sportelli bancari in Italia, con una distribuzione capillare sul territorio ed una concentrazione maggiore nelle aree in cui si registra un'alta presenza di piccole e medie imprese. La quota di mercato dell'intermediato si approssima al 25%.

Cronologie delle banche più antiche

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  1. ^ a b Ignazio Visco, Considerazioni finale del Governatore della Banca d'Italia 2015 (PDF), su bancaditalia.it, 26 maggio 2015. URL consultato il 24/09/15.

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