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Labirinto

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I labirinti botanici sono stati anche usati come attrazioni per i giardini delle ville
Labirinto sulle incisioni rupestri della Valcamonica
Labirinto in gres 60x60 nell'atrio centrale della scuola G. Monteverde ad Acqui Terme

Il labirinto è una struttura, solitamente di vaste dimensioni, costruita in modo tale che risulti difficile per chi vi entra trovare l'uscita.

Anticamente per lo più unicursale, ovvero costituito da un unico involuto percorso che conduceva inesorabilmente al suo centro, il labirinto è poi diventato sinonimo di tracciato multiviario o multicursale. In alternativa un tracciato inestricabile di strade, si può definire come un dedalo, termine chiaramente nato dalla figura del mitico Dedalo, il leggendario costruttore del labirinto di Creta per il re Minosse, il più noto tra quelli dell'antichità.

Origine del nome

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Labirinto deriva dal nome greco labýrinthos (λαβύρινθος), usato nella mitologia per indicare il labirinto di Cnosso. La parola è di origine pre-greca e Arthur Evans espresse la sua ipotesi supponendo la sua derivazione dal lidio labrys, bipenne, l'ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta. "Labirinto" vuol dire "palazzo dell'ascia bipenne" con il suffisso -into a significare "luogo" sul modello del greco Corinto, cioè il palazzo del re Minosse a Cnosso. La planimetria era intricata al punto da far supporre che l'ispirazione per la leggenda del labirinto fu raccolta proprio da questa specifica situazione. A sostegno dell'ipotesi sono state ritrovate all'interno del palazzo diverse raffigurazioni dell'ascia bipenne. La connessione tra "bipenne" e "luogo intricato" sarebbe data dalla pietra e la parola in origine avrebbe significato "gallerie nelle miniere", da un relitto egeo *labur-, "pietra"[1].

Un'ipotesi alternativa è stata avanzata da Giovanni Pugliese Carratelli. Una serie di toponimi caratterizzati dai suffissi -ss- o -tt- e -nd o -nt(h)- (per esempio Parnassós, Labýrinthos, Kórinthos, Zakynthós) indicherebbero la linea di espansione luvia, ricca di fermenti culturali dall'Anatolia a Creta allo Ionio, se non anche oltre, lungo quella "rotta dei metalli", seguita in epoca storica anche da fenici e greci[2].

Labirinti dell'antichità

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Labirinto classico

Lo storico latino Plinio nella sua Naturalis historia menziona quattro labirinti: il labirinto di Cnosso a Creta, il labirinto di Lemno in Grecia, il labirinto di Meride in Egitto e il labirinto di Porsenna in Italia.

Il termine "labirinto" indicava sempre soltanto un labirinto unicursale, con una sola entrata e un unico vicolo cieco in fondo al percorso, di forma quadrata o più spesso circolare come nell'illustrazione; questo tipo di labirinto è conosciuto come "labirinto classico". Nel dialogo socratico Eutidemo, Platone fa parlare Socrate descrivendo la struttura labirintica del dialogo:

«Giunti all'arte di regnare ed esaminandola a fondo, per vedere se fosse quella a offrire e a produrre la felicità, caduti allora come in un labirinto, mentre credevamo di essere ormai alla fine risultò che eravamo ritornati come all'inizio della ricerca, e avevamo bisogno della stessa cosa che ci occorreva quando avevamo incominciato a cercare.[3]»

Risulta evidente da queste righe come Platone parli di un labirinto unicursale, in cui le uniche due possibilità sono di giungere alla meta o di ritrovarsi al punto di partenza, cioè all'entrata.

Labirinto di Cnosso

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Lo stesso argomento in dettaglio: Labirinto di Cnosso.

Labirinto di Lemno

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Lo stesso argomento in dettaglio: Labirinto di Lemno.

Labirinto di Meride

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Lo stesso argomento in dettaglio: Labirinto di Meride.

Labirinto di Porsenna

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Lo stesso argomento in dettaglio: Labirinto di Porsenna.

Labirinti antichi nel Nuovo Mondo

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Nella cultura dei nativi americani un mito del popolo dei Tohono O'odham parla di un dio creatore, conosciuto con il nome di I'itoi, che risiede in un labirinto sotterraneo. Il labirinto sarebbe stato scavato dal dio sotto la montagna di Baboquivari, in Arizona, per confondere i propri nemici e impedire loro di seguirlo e si crede che gli antenati dei primi Tohono O'odham siano stati portati sulla superficie dal labirinto sotterraneo di I'itoi, dove anticamente risiedevano. Della leggenda rimane un motivo decorativo che ritrae un uomo stilizzato all'ingresso di un labirinto, molto frequente nelle incisioni rupestri e nei cesti prodotti dai nativi.

Labirinti medievali

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Labirinto nella abbazia trappista di Notre-Dame de Saint-Rémy, Vallonia, Belgio

Il più antico labirinto in una chiesa cristiana è quello sul pavimento della Basilica di San Vitale a Ravenna (VI secolo). Durante il dodicesimo e il tredicesimo secolo un tracciato a forma di labirinto, sempre unicursale, iniziò a essere raffigurato nella pavimentazione interna delle cattedrali gotiche, come nel caso del duomo di Siena e delle cattedrali di Chartres, Reims e Amiens in Francia.[4] Questi labirinti rappresentano il cammino simbolico dell'uomo verso Dio e spesso il centro del labirinto rappresentava la "città di Dio", la Gerusalemme celeste.[5] La funzione del labirinto è quella di essere un simbolo del pellegrinaggio o del cammino di espiazione: spesso veniva percorso durante la preghiera e aveva la validità di un pellegrinaggio per chi non poteva intraprendere un vero viaggio.[6] Il passaggio attraverso il labirinto era chiamato anche "pellegrinaggio". Bisognava seguire un cammino obbligato e durante il tragitto non si poteva mai ripassare attraverso un punto già superato o abbreviare il percorso. La lunghezza e la tortuosità del percorso alludevano alle difficoltà che si possono incontrare seguendo il cammino spirituale.[7] Con il passare del tempo questa originale funzione andò perduta e il labirinto sulla pavimentazione iniziò a essere visto sempre più spesso come "un gioco senza senso, una perdita di tempo"[8], quindi molti di essi vennero distrutti. Sulla quarta di copertina dell'edizione Bompiani del romanzo Il nome della rosa, Umberto Eco riporta una nota riferita all'immagine sulla copertina, nota che recita: «In copertina lo schema del labirinto che appariva sul pavimento della cattedrale di Reims. A pianta ottagonale, recava ai quattro ottagoni laterali l'immagine dei maestri muratori, coi loro simboli, e al centro - si dice - la figura dell'arcivescovo Aubri de Humbert che pose la prima pietra della costruzione. Il labirinto fu distrutto nel XVIII secolo dal canonico Jacquemart perché gli dava fastidio l'uso giocoso che ne facevano i bambini i quali, durante le funzioni sacre, cercavano di seguirne gli intrichi, per fini evidentemente perversi.»

Nello stesso periodo furono costruiti più di 500 labirinti in Scandinavia, con differenti scopi. Questi labirinti, costruiti per lo più in riva al mare, erano costituiti da pietre allineate a formare un percorso intricato nel quale si credeva potessero essere intrappolati gli spiriti maligni o i venti sfavorevoli alla spedizione di pesca. Il pescatore entrava nel labirinto e, raggiuntone il centro, incitava gli spiriti a seguirlo, per poi fuggire fuori. Questi labirinti sono conosciuti con diversi nomi, tutti traducibili con le parole "Città di Troia" (Troy Town in inglese): il nome deriva dalla leggenda secondo la quale le mura della città di Troia erano costruite in modo così complesso da impedire l'uscita ai nemici che vi fossero entrati.

Labirinti del Rinascimento e dell'Età Moderna

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I labirinti vegetali, o di verzura, sono realizzati a partire dal Rinascimento con siepi di diverse specie all'interno dei sontuosi giardini della nobiltà. Oggigiorno se ne contano oltre quattrocento in diversi paesi.

In Italia troviamo labirinti vegetali in Veneto, in bosso nei giardini di Villa Pisani a Stra e di Villa Barbarigo a Valsanzibio, nel giardino di Villa Giusti a Verona e nel parco del Castello di San Pelagio in provincia di Padova. A Venezia sull'Isola di San Giorgio Maggiore si trova un labirinto in bosso che s'ispira al racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano, opera dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Altri labirinti si trovano in Piemonte nei giardini del Castello di Masino a Caravino e in quelli della Reggia di Venaria Reale (Torino) che ha un labirinto di girasoli; nel Lazio in provincia di Viterbo al Castello Ruspoli; in Toscana a Villa Garzoni (Collodi).

In Sicilia in provincia di Ragusa si trova un labirinto in pietra nel castello di Donnafugata.

A Vienna il castello di Schönbrunn ha un antico labirinto. In Francia sono celebri i labirinti dei giardini di Reignac-sur-Indre, del castello di Chenonceau e del castello di Villandry. In Gran Bretagna la residenza reale di Hampton Court ha un famoso labirinto, mentre il più lungo del mondo si trova a Longleat-Hedge-Maze.[9] In Cornovaglia si trova il labirinto di Glendurgan, in Irlanda del Nord quello di Castlewellan (Castlewellan Forest Park).

Molti labirinti di siepi sono presenti anche in Australia, Stati Uniti, Cina, Argentina, Messico e Indonesia.

Labirinti contemporanei

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Labirinto all'interno della Grace Cathedral, San Francisco
Labirinto in stile cretese costituito da 2500 lumini accesi per l'Avvento nel Centro per la Meditazione Cristiana e Spiritualità della Diocesi di Limburgo presso la Chiesa di Santa Croce a Francoforte sul Meno-Bornheim
Il labirinto di Acqui Terme è collocato in un atrio di circa 700 m², realizzato in piastrelle di gres 60x60 su schema esagonale. Esistono 6 ingressi per giungere al centro del labirinto.
Pianta della scuola Monteverde di Acqui Terme: il labirinto è collocato nell'atrio centrale. Esistono 6 ingressi al labirinto, ma solo quello posizionato davanti ai laboratori raggiunge il centro, a significare che quando l'esperienza e le nozioni si armonizzano nel percorso didattico-formativo si raggiunge l'obiettivo

Dal Dopoguerra in avanti il labirinto come simbolo vive un nuovo rinascimento, si sperimentano forme e materiali, si realizzano labirinti vegetali ed installazioni in aeroporti, zoo, scuole, biblioteche e con opere di land art. Recentemente si è ripreso il simbolo del labirinto con nuovo interesse e sono state riprese le tecniche costruttive che caratterizzano il labirinto. Alcuni esempi sono il Willen Park di Milton Keynes e il Tapton Park di Chesterfield in Inghilterra, la Grace Cathedral di San Francisco, la Old Swedes Church di Wilmington (Delaware) negli Stati Uniti, il labirinto nella zona del vecchio porto di Montréal e la Trinity Square a Toronto, in Canada.

In Italia è stato realizzato un labirinto di circa 700 nello spazio polifunzionale della Scuola Monteverde ad Acqui Terme. A Fontanellato, in provincia di Parma, si trova il Labirinto della Masone, un parco culturale con un grande labirinto di bambù (il più grande del mondo, tra quelli a struttura fissa e non stagionali) voluto e costruito dall'editore Franco Maria Ricci e seguito delle sue conversazioni con Jorge Luis Borges[10].

Il labirinto nella cultura

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Il tema del labirinto è stato ripreso da vari artisti, nella letteratura e nelle arti grafiche, sfruttando di volta in volta diverse metafore evocate dall'immagine del labirinto.

Esempio di logo che include in labirinto (Logo della Casa della Donna di Pisa) a forma di simbolo di Venere

In un'opera teatrale della drammaturga macedone Ilinka Crvenkovska la metafora del labirinto è usata per indagare la capacità dell'uomo di controllare il proprio destino. Nella rappresentazione Teseo è ucciso dal Minotauro, che a sua volta viene ucciso dagli abitanti della città.

Jorge Luis Borges ha dedicato diverse novelle al tema del labirinto, che spesso simboleggia l'imperscrutabilità del disegno divino che ha creato l'universo (come ne La biblioteca di Babele, La casa di Asterione), o l'universo stesso (come ne I due re e i due labirinti), o la conoscenza umana, pur sempre limitata però rispetto a quella divina (L'immortale, oppure Esame dell'opera di Herbert Quain); o ancora l'intrico della trama ordita da un uomo (Il giardino dei sentieri che si biforcano, o Abenjacàn il Bojarì, ucciso nel suo labirinto).

«Tutte le parti della casa[11] si ripetono, qualunque luogo di essa è un altro luogo. Non ci sono una cisterna, un cortile, una fontana, una stalla; sono infinite le stalle, le fontane, i cortili, le cisterne. La casa è grande come il mondo.»

Gran parte delle opere di Borges partecipano in misura minore o maggiore del labirinto e hanno influenzato altri autori, come ad esempio Umberto Eco con Il nome della rosa e Mark Z. Danielewski con Casa di foglie. In particolare nel romanzo Il nome della rosa Eco parla del labirinto all'interno della biblioteca del monastero come di un labirinto multicursale, cioè un labirinto con più percorsi, a differenza di quelli a percorso unico come si usavano costruire all'epoca (1327). Con questo l'autore commette un anacronismo. probabilmente volontario, perché in un labirinto unicursale sarebbe stato impossibile perdersi e la trama ne avrebbe risentito; i primi labirinti multicursali nacquero infatti intorno alla metà del sedicesimo secolo, disegnati dall'architetto italiano Francesco Segala[12]. Lo stesso Umberto Eco, nel saggio Dall'albero al labirinto, traccia la storia del tentativo di classificare la realtà tramite un dizionario o un'enciclopedia e associa l'evoluzione dell'enciclopedia all'evoluzione storica del labirinto, da unicursale a multicursale a rete.

La "sfida del labirinto" è un saggio di Italo Calvino pubblicato sulla rivista Il Menabò (numero 5, 1962) in cui lo scrittore sostiene che, poiché il mondo moderno è un labirinto di possibilità, incertezze e pericoli, l'atteggiamento più giusto e più umano è quello di chi ci si avventura dentro con coraggio, opponendo la forza della ragione e dell'arte all'avanzare distruttivo e insensato del caos.

Molti altri autori si sono occupati di labirinti, come ad esempio l'autore di fantascienza Roger Zelazny che nella serie di romanzi delle Cronache di Ambra cita un labirinto chiamato "il Disegno" che permette a chi lo percorre di muoversi verso realtà alternative.

Nelle arti figurative il labirinto è usato come soggetto ad esempio da Piet Mondrian (Diga e Oceano, 1915), Joan Miró (Labirinto, 1923), Pablo Picasso (Minotauromachia, 1935), Maurits Escher (Relatività, 1953), Friedensreich Hundertwasser (Labirinto, 1957), Jean Dubuffet (Logological Cabinet, 1970), Richard Long (Connemara sculpture, 1971), Aldo Spinelli (Labirinto, 1972), Joe Tilson (Earth Maze, 1975), Richard Fleischner (Chain link maze, 1978), Istvàn Orosz (Atlantis anamorphosis, 2000).

Il labirinto compare anche nel cinema, per esempio in Il gabinetto del dottor Caligari (compresa la fuorviante versione del 1962), Noi siamo le colonne, Fellini Satyricon, Gli insospettabili, L'uovo del serpente, Shining di Stanley Kubrick che modifica le siepi animate dell'omonimo romanzo di Stephen King e mantiene la struttura labirintica dell'Overlook Hotel, Tron, Labyrinth - Dove tutto è possibile, Il nome della rosa dall'omonimo romanzo di Eco, Orlando, Cube - Il cubo, Il labirinto del fauno, Inception.

Nella letteratura moderna per ragazzi la figura del labirinto compare in Harry Potter e il calice di fuoco, Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: la battaglia del labirinto e Il labirinto, romanzo di James Dashner.

Metodi per uscire da un labirinto

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Il matematico svizzero Eulero fu uno dei primi ad analizzare matematicamente i labirinti, gettando le basi della branca della matematica nota come topologia.[13][14] Sono stati sviluppati vari algoritmi di risoluzione dei percorsi dei labirinti.

Lo stesso argomento in dettaglio: Algoritmi per la risoluzione di labirinti.

Algoritmo random

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L'algoritmo random consiste nel proseguire nel labirinto finché non viene raggiunto un incrocio, e a quel punto fare una scelta casuale sulla via da prendere. L'algoritmo prevede di tornare indietro nel caso ci si trovi di fronte a un vicolo cieco. È un metodo molto semplice, che può essere eseguito anche da robot poco raffinati.

Regola della mano

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Lo stesso argomento in dettaglio: Regola della destra/sinistra.

Il procedimento consiste nell'appoggiare la mano destra, o la sinistra, alla parete destra del labirinto, o rispettivamente alla parete sinistra, all'entrata del labirinto e scegliere l'unico percorso che permetta di non staccare mai la mano dalla parete scelta fino a raggiungere una delle eventuali altre uscite o il punto di partenza. Nel caso particolare di una sola uscita l'algoritmo conduce a un vicolo cieco da cui si ritorna al punto di partenza semplicemente continuando a seguire la parete prescelta.

Algoritmo di Tremaux

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L'algoritmo di Tremaux, o metodo iterativo, consiste nel seguire un percorso scelto a caso all'interno del labirinto fino a raggiungere un incrocio e marcare la via che è stata percorsa fino a quel momento: nel caso in cui il corridoio conduca a un vicolo cieco è necessario tornare indietro fino all'incrocio precedente, marcando la via all'andata e al ritorno. Quando si giunge a un incrocio di più corridoi si prende preferibilmente una via che non è stata segnata come percorsa in precedenza e se ciò non è possibile si prende una via percorsa una sola volta. In ogni caso non è permesso scegliere una via che è stata già marcata due volte. Iterando il procedimento per ogni incrocio che si trova sul proprio percorso, l'algoritmo permette di raggiungere l'uscita o, se il labirinto non ha altre uscite oltre a quella imboccata per entrare, di tornare all'entrata.

Il labirinto negli esperimenti psicologici

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Labirinti di piccole dimensioni in cui vengono introdotti tipicamente topi o ratti sono usati negli esperimenti psicologici. Alcuni esempi sono:

Lista di labirinti aperti al pubblico

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sembra che questo labirinto sia stato progettato, ma non ancora realizzato

Cina
Giappone
Scorcio del labirinto del castello di Schönbrunn, Austria
Il Labirinto di Barvaux-Durbuy, Belgio
Planimetria del labirinto di Hampton Court a Richmond upon Thames (Londra), Gran Bretagna
Il labirinto di Villa Pisani a Stra, Italia
Dettaglio del labirinto di Villa Pisani a Stra, Italia
Labirinto in pietra del Castello di Donnafugata, Sicilia
Parco del Labirinto d'Horta, Barcellona, Spagna
Austria
Belgio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Gran Bretagna
Italia
Spagna
Svizzera
Stati Uniti
  1. ^ Carlo Battisti, Giovanni Alessio, Dizionario etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1950–57.
  2. ^ G. Pugliese Carratelli, Il mondo mediterraneo e le origini di Napoli, sta in Storia di Napoli, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1975, vol I, p. 20
  3. ^ Platone, Eutidemo
  4. ^ Anche su una colonna all'ingresso del duomo di Lucca è raffigurato un labirinto.
  5. ^ https://it.aleteia.org/2018/08/16/labirinti-medievali-chiese-chartres-gerusalemme-celeste
  6. ^ Garzantina dei Simboli, 2008, p. 258
  7. ^ Maria Luisa Mazzarello, Maria Franca Tricarico, La Chiesa nel tempo. La narrazione dell'architettura sacra. Ed. Il Capitello, Elledici scuola, 2005, pag. 41.
  8. ^ (FR) Histoire du diocèse et de la ville de Chartre di Jean Baptiste Souchet, canonico della cattedrale di Chartres, morto nel 1654
  9. ^ melabu.it, http://www.melabu.it/longleat-hedge-maze-il-labirinto-piu-lungo-del-mondo/.
  10. ^ Andrea Parlangeli, Nel labirinto di Franco Maria Ricci, su Josway, 23 luglio 2023. URL consultato l'11 settembre 2023.
  11. ^ Per "casa" il narratore intende "labirinto"
  12. ^ André Peyronie: "Il labirinto ne Il nome della rosa, una critica in fieri", testo della conferenza tenuta il 21/06/2007 presso l'Università per Stranieri di Perugia
  13. ^ Marcel Danesi, Labirinti, quadrati magici e paradossi logici. I dieci più grandi enigmi matematici di tutti i tempi. URL consultato l'8 maggio 2020.
  14. ^ Progetto Polymath - 3. La matematica dei labirinti, su areeweb.polito.it. URL consultato l'8 maggio 2020.
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  • Paolo Santarcangeli, Il libro dei labirinti. Storia di un mito e di un simbolo, a cura di Umberto Eco, Sperling & Kupfer, 2000 [1984], ISBN 88-200-2960-X.
  • Massimo Colella, Labirinto e libertà. Per un avviamento alla lettura della poesia di Angela Barnaba. Postfazione a Angela Barnaba, Sospesi tra infiniti, Roma, Aletti, 2017, pp. 85–90.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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