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Utente:Faberh/Appunti3

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Accanto alle più famose maschere astigiane di Giandouja e Giacometta animeranno gli spettacoli Spumantino e Barberina, 'L Barcajô e la Bela Lavandera, Toni Destöpa e Maria Göcheta, Falamoca e Gigin Pölemica, Cicö Föet e Ghitin 'd la Tör, Cicö Pertera e la Bela Filandera, Trömlin e Ginota tutte figure rappresentanti tipi caratteristici di Asti nei tempi passati: barcaioli, lavandaie, osti, ortolane, margari, popolani. Falamoca : Al Veglionissimo della Croce Verde nasce ufficialmente la nuova maschera astigiana. Il costume disegnato dallo scenografo Guglielminetti, è veramente degno di nota per l'eleganza e l'originalità che ben rappresentano il carattere della terra astigiana e, in particolare, del Borgo Torretta .


Diocesi di Asti

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E' probabile che la nascita della diocesi di Asti sia avvenuta intorno al III -IV secolo, in concomitanza con la nascita di quella di Tortona, che per tradizione è da sempre stata intimamente connessa.[1]
A quel tempo, la maggior parte delle città nord occidentali facevano capo al vescovo Ambrogio di Milano .
La prima attestazione certa della sede vescovile nella città di Asti, risale ad un documento del 451, dove si annota la presenza del vescovo astigiano Pastore ad un sinodo presso la città di Milano.In questo documento, i vescovi della provincia ecclesiastica di Milano accettavano le decisioni di papa Leone Magno raccolte nel famoso "tomo" o "dichiarazione della fede della Chiesa Romana" ed inviate il 3 giugno 449 a Flaviano, patriarca di Costantinopoli.

Lo scisma dei "Tre Capitoli" ed i longobardi

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In seguito al Concilio di Calcedonia del 451, molti gruppi ecclesiastici dell'Impero romano d'oriente, non accettarono la nuova visione di Cristo con una duplice natura umana e divina, ma rimasero arroccati sulle loro convinzioni monofisite.

Lo stesso argomento in dettaglio: Eresie dei primi secoli.

Il papa Vigilio e l'imperatoreGiustiniano, di comune accordo, decisero di convocare un concilio ecumenico e nell'attesa si vietarono qualsiasi tipo di innovazioni.
Ma l'imperatore sollecitato dal monaco Teodoro Archida, emanò un editto che condannava alcuni scritti della Scuola Antichena comprendenti tre punti particolari che vennero comunemente denominati i Tre Capitoli, con l'intento di far tornare i monofisiti sotto la Chiesa imperiale.
Questo provocò la rottura dei rapporti tra papato ed impero, che con alterne vicende tra diatribe e riappacificazioni, portarono nei secoli a venire al completo scisma tra oriente ed occidente.

Lo stesso argomento in dettaglio: Scisma.

La diocesi astigiana, che seguì le sorti delle provincie ecclesiastiche di Milano e Aquileia, in seguito all'intricata situazione dei Tre Capitoli, finì con lo staccarsi dalla Sede Romana ed il sopraggiungere dell'invasione dei Longobardi sostenitori dei Tre Capitoli nel 568, impedì all'imperatore di effettuare sanzioni vessatorie.
Solamente sotto il regno di Ariperto (652-662), pronipote di Teodolinda, inizierà un processo di riavvicinamento alla fede cattolica, terminato con Grimoaldo (662-671), che farà costruire la Basilica di Sant'Ambrogio in onore di colui che aveva combattuto gli ariani nel IV secolo.

Lo sviluppo delle abbazie benedettine (VII/IX secolo)

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Carlo Magno incoraggiò lo sviluppo degli ordini monastici votati al lavoro ed alla preghiera, in contrapposizione agli ordini mendicanti ed eremitani, diffondendo nell'813, la regola monastica di San Benedetto.
Anche Asti, abbracciò le nuove indicazioni dell'imperatore, con la nascita di due conventi benedettini: il convento femminile di "San Anastasio" (in centro città) e quello maschile dei "dodici Apostoli", sulle rive del Borbore in prossimità del Rione San Martino.

Il potere temporale ai vescovi

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Sotto il vescovado di Bruningo (937-964), avvenne la totale fusione del potere temporale con quello spirituale, accompagnato da un notevole sviluppo militare della chiesa astigiana.
Il re Ugo prima e Lotario in seguito, per spezzare il potere dinastico degli anscarici affidarono il potere feudale della città al vescovo astese, investendolo della proprietà del Castelvecchio, centro nevralgico del potere cittadino nel periodo altomedievale .
Il vescovo Rozone (966-992) ed il suo successore Pietro (992-1008), ottennero dagli Ottoni germanici diplomi di concessione e nuovi diritti, estendendo il raggio della propria docesi.

Pietro, che parteggiava per Arduino, all'avvento dell'imperatore Enrico II fu costretto a rifugiarsi a Milano.
L'imperatore nominò con il consenso papale e la protezione di Olderico Manfredi (marchese di Torino) suo successore il vescovo Alrico (1008-1036). La sua nomina però, scatenò le ire dell'arcivescovo di Milano (Arnolfo II) che assediò la città e venne a più miti ragionamenti solo dopo un atto di sottomissione di Alrico.

In questo iniziale periodo, molti furono gli enti ecclesiastici che si sistemano nella diocesi di Asti costruendo conventi ed abbazie. Tra i più importanti ricordiamo :

Queste importanti istituzioni monacali, avevano un ruolo oltre che spirituale, anche temporale. Infatti, i monaci, proprietari terrieri e di immobili, avevano alle loro dipendenze contadini, vassalli, stringevano patti e convenzioni con i signori dell'epoca , questo a discapito dello svolgimento della loro attività religiosa.
Fu proprio questa limitazione a far nascere nuovi ordini religiosi con nuovi modelli di vita religiosa.

Lo sviluppo degli ordini religiosi

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Il nuovo millennio, portò un impulso all'economia ed ai commerci in tutta Europa.
L'aumento della popolazione sia nelle città che nelle campagne, favorì la nascita delle parrocchie e dei villaggi, con la proliferazione di nuovi ordini religiosi
Anche la città di Asti, ebbe un notevole sviluppo economico ed urbanistico, entrando nel suo periodo "aureo", con conseguente moltiplicazione anche degli istituti religiosi in particolare quelli con finalità caritative ed assistenziali verso la popolazione più indigente.

  1. ^ R:Bordone, Diocesi di Asti e Istituti di vita religiosa ,2006
Stemma della
famiglia Falletti
Blasonatura
d'azzurro alla banda scaccata d'oro e di rosso.

«Adde istis Nattas, de Buschis atque Fallettos
sed forsan plures tum reperire queas»

La famiglia Falletti, Falletto o Faletti, appartiene alle "casane astgiane", quel gruppo cioè di famiglie che ottennero la loro ascesa sociale non per discendenza patrizia, ma in seguito al prestito della valuta ed al commercio.

Secono il Manno di origine Anscarica[1], parteggiavano per il partito guelfo ed occuparono sempre cariche di prestigio nel governo cittadino. [2] Già nel secolo XII avevano un palazzo in Asti. In seguito alla loro appartenenza guelfa, si rifugiarono in Alba all'inizio del XIV secolo, e da lì diedero origine ad alcune linee : Racconigi, Ruffia nelle Langhe, Pinerolo, Buriasco, Lessona, Melazzo e nel Saluzzese.

Il loro commercio fu talmente sviluppato che il termine Falletto divenne nel medioevo sinonimo di lombardo ossia di banchiere.[3]

Origini e storia

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Le prime notizie certe dei Faletti risalgono al XII secolo dove la figlia risulta già ben insediata ad Asti ed Alba. Mentre il Manno la colloca indiscutibilmente come originaria di Asti, (Guala e Guadaccio presero parte al Consiglio di Credenza della città di Asti nel 1188), Ferdinando Gabotto suppone che le origini siano provenzali. Presso l'opera pia Barolo di Torino, è presente un albero genealogico del XIX secolo del ramo dei marchesi di Barolo che fa risalire la genealogia all'XI secolo con un certo Balthazar.

A suggellare l'ipotesi del Gabotto è la presenza di molti esponenti della famiglia presenti come mercanti tra Genova, la Provenza ed il basso Piemonte : Guglielmo e Villano Faletti a Genova citati in alcuni documenti del 1184, Giacomo Falletti di Alba stipula degli accordi con il Podestà di Savona nel 1297. Questa presenza della famiglia si sovrappone agli interessi che i conti di Provenza cominciarono avere sul Piemonte all'inizio del Duecento infatti nel 1266 Carlo I d'Angiò.occupò la città di Alessandria e nel 1270 quella di Torino dove famiglia Da quel momento la famiglia partecipò sempre al governo della città. Tra gli uomini di spicco si ricorda Raimondo Falletti che partecipò alle trattative di pace tra il Comune ed il Marchese del Monferrato nel 1292.[4] Essendo guelfo, venne esiliato dalla città nel 1303 ad opera dei De Castello. Ritornato in città ottenne nuovamente cariche di prestigio fino all'anno 1311.

Al princio del XIV secolo, in seguito alla costituzione del governo ghibellino in Asti, i Falletti abbandonarono la città ed un ramo si rifugiò ad Alba. Gli scontri tra guelfi e ghibellini astigiani non si limitarono solo al governo della città, ma si estesero a tutto il territorio astigiano. Il 22 aprile 1345 presso Gamenario, una località fra Santena e Rivera i Falletti fecero parte delle forze guelfe degli Angiò che vennero sconfitte dalle truppe ghibelline del marchese Giovanni II del Monferrato.

Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Gamenario.

Un ramo della famiglia si trasferì in Provenza e furono citati da Cesare Nostradamus tra i nobili di quella regione.[5]

I Falletti avevano banchi di valuta a Genova fin dal 1184, la famiglia sviluppò questa attività fino a trasformarla nella loro occupazione principale nel XIII secolo. Raimondo, in società con i Troja ottenne il monopolio del banco di Chieri ( dove cinque anni prima la famiglia si era rifugiata in seguito all'esilio dopo le guerre civili con i ghibellini).

Nel 1320 i Falletti operarono ad Avignone diventando i banchieri della Santa Sede.[6]

L'attività di pegno dei Falletti era così ramificata che uno statuto fiammingo del XIII secolo proibiva di chiamare qualcuno con il nome Falletto o Scarampo, considerando i due nomi l'equivalente del vocabolo usuraio.[7]

Le abitazioni

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I Falletti di Asti possedevano una casaforte in via Giobert angolo via Natta, nel Rione Cattedrale. La dimora ospitò nel 1303 il marchese Giovanni di Monferrato quando penetrò in città con l'aiuto ghibellino esiliando la fazione dei Solaro.[8]

Ebbero molti castelli ed infeudazioni. Giacomo Falletti venne investito da Carlo II d'Angiò del feudo di Barolo ed i suoi discendenti acquistarono castello e feudo di Benevello dai Marchesi del Carretto.

Il ramo di Pocapaglia ottenne da Tommaso II di Saluzzo la giurisdizione di Ruffia. Leone ed Emanuele, nel 1335 ottennero il feudo di Villa dai Del Carretto, trasformandolo nell'odierna Villafalletto.

Le altre linee

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Falletti di Alba

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Giunti ad Alba nel XIV secolo, ottennero dal comune il castello di Monforte.La famiglia estese ramificazioni nel Regno di Napoli.[9] Da questo ramo si ottennero le linee di Barolo, Pocapaglia e Villafalletto.

Falletti di Barolo

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Barolo, il castello

Gioffredo fu il capostipite di questa linea che ottenne il massimo splendore con Gerolamo IV (1670 -1735) detto anche il marchese di Castagnole. Nel 1715 divenne comandante di Casale e governatore del ducato di Monferrato. Per i suoi servigi , nel 1730 il re lo investì del titolo di marchese di Castagnole e Barolo. Nel 1731 divenne vicerè di Sardegna ed in seguito capitano generale delle truppe savoiarde.

Sposò la cuginaElena Matilde Provana di Druent, figlia del conte Giacinto Antonio Ottavio e di Anna Costanza Doria. A causa del mancato pagamento della dote, venne richiamata a palazzo dal genitore. Costretta alla lontananza dal marito e dai figli, si suicidò gettandosi da una finestra del primo piano il 24 febbraio 1701.

Secondo la regola che le armi più semplici sono anche le più antiche, lo stemma dei Falletti è possibile che abbia un'origine particolarmente remota, riconducibile all'iconografia militare in modo da essere riconosciuto senza ombra di dubbio sui campi di battaglia.[10]

In particolare il campo azzurro dello scudo e la banda oro rosso, è molto simile alle caratteristiche cromatiche delle altre famiglie guelfe astigiane come gli Asinari, Catena, Gardino, Solaro

Scudo: Di azzurro, alla banda scaccata d'oro e di rosso.

Cimiero: L'aquila di nero, coronata di oro, nascente.

Motto: EN. ESPERANCE.

Il ramo di Castiglione Falletto presenta sul cimiero un uomo di carnagione, nascente, che tiene, con la destra un dardo e il ramo di Pinerolo presenta sul cimiero un pellicano con il motto: SANS. OULTRAGE

  1. ^ Manno, Il patriziato subalpino, sito Vivant, [1] consultato il 31.10.2009
  2. ^ V.Malfatto,Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
  3. ^ http://www.vivant.it/pagine/FMPro?-db=cd%5ffam.fp5&-format=result%5fnuovo.htm&-lay=web&-sortfield=famiglia&Famiglia=falletti&-max=2147483647&-recid=12599406&-find= Sito Vivant, consultato il 20/12/2009
  4. ^ Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001, pg.114
  5. ^ Gabiani Nicola, Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, Bologna, 1978, Arnaldo Forni Editore, pg.158
  6. ^ Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001, pg.114
  7. ^ Gabiani Nicola, Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978, pg158, nota 2
  8. ^ Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982, pg.113
  9. ^ Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982, pg.110
  10. ^ Natta-Soleri C., Fe' D'Ostani B., Adozione e diffusione dell'arma gentilizia presso il patriziato astigiano, da Araldica astigiana, Allemandi (a cura di Bordone R.), C.R.A. 2001, pg.67
  • Bera G., Asti edifici e palazzi nel medioevo. Gribaudo Editore Se Di Co 2004 ISBN 88-8058-886-9
  • Bianco A.Asti Medievale, Ed CRA 1960
    • Asti ai tempi della rivoluzione. Ed CRA 1960
  • Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001
    • Dalla carità al credito. C.R.A. 2005
  • Castellani L., Gli uomini d'affari astigiani. Politica e denaro fra il Piemonte e l'Europa (1270 - 1312). Dipartimento di Storia dell'Università di Torino 1998 ISBN 88-395-6160-9
  • Ferro, Arleri, Campassi, Antichi Cronisti Astesi, ed. dell'Orso 1990 ISBN 88-7649-061-2
  • Gabiani Nicola, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2,3. Tip.Vinassa 1927-1934
    • Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti,A.Forni ed. 1978
  • Incisa S.G., Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C. R.A. 1974
  • Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
  • A.M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959
  • Peyrot A., Asti e l'Astigiano ,tip.Torinese Ed. 1983
  • Sella Q., Codex Astensis qui De Malabayla comuniter nuncupatur, del Codice detto De Malabayla, memoria di Quintino Sella, Accademia dei Lincei, Roma 1887.
  • S.G. Incisa, Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C.R.A. 1974.

Voci correlate

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